Le Insidie di una Tipica Classe di Zumba
Su suggerimento di un’amica, quasi due anni fa ho provato un corso di Zumba e, a dispetto di ogni pronostico, mi è piaciuto moltissimo. Da allora lo frequento con disciplinata costanza, nonostante io non sia per niente portata per le coreografie, men che meno quelle che comportano un sensuale roteare di fianchi.
Quando mi capita per errore di guardarmi allo specchio della palestra mentre balliamo, mi rendo conto che più che ad una donna che balla, assomiglio all’incredibile Hulk in procinto di distruggere tutto quello che gli stia intorno.
Ad ogni modo, le lezioni mi piacciono talmente tanto, che guido più di 20 miglia pur di farmi la mia oretta di sculettate a ritmo di salsa e baciata, intamarrita da quel tocco di classe che solo Pitbull sa dare nei suoi remix.
Ho imparato sulla mia pelle però che la vera difficoltà di una lezione di Zumba non sta ne’ nella coreografia ne’ nella coordinazione. Entrambe al di là delle mie capacità. Il vero problema è conquistarsi uno spazio vitale e non venire alle mani con i compagni di corso.
La classe che frequento ha una fauna variegata ma per lo più rispettosa del prossimo. C’è un tacito accordo tra gentildonne in leggins per cui ci si distribuisce ordinatamente per la palestra a seconda dell’orario di arrivo.
La lezione procederebbe così senza particolari inconvenienti se non fosse per due personaggi incresciosi che rendono motivo di grande stress quella che invece dovrebbe essere un’ora di puro sfogo e divertimento.
Le cose vanno più o meno così.
Ancor prima che la lezione precedente alla nostra sia terminata entro nello Studio e, veloce come una saetta, mi posiziono precisa in quella che ormai so essere la prima fila della formazione del popolo delle sculettanti.
L’attesa dell’inizio della lezione ed il potenziale arrivo delle nemiche pubbliche numero 1 e 2 rappresentano il primo momento di stress, perché, come posseduta da una furia, con le gambe divaricate inizio a far roteare le braccia in piena apertura alare, simulando un non meglio precisato stretching.
Per evitare strappi o stiramenti?
No, di certo.
Lo scopo è solo quello di aumentare lo spazio che occupo e disincentivare l’avvicinamento altrimenti molesto delle due temute compagne.
La prima è una donna minuta sulla quarantina, con un fisichino da metterci la firma. Magra, secca, tonica ma tesa come una corda di violino. Si muove esattamente come potrebbe fare Edward Mani di Forbice con un esaurimento nervoso in corso.
Nella sua totale tensione, infatti, tiene le mani rigidissime con le dita aperte a tenaglia e durante i balletti, ha la mandibola così contratta che temo possa avere una paresi da un momento all’altro.
Ciò che la rende odiosa è che, sia che ci sia spazio libero o meno, si posiziona sempre alla mia destra, così da essere attaccata in maniera insopportabile. Nonostante tutte le mie precauzioni ed il mio muovermi di continuo in maniera massiccia, quella donna finisce sempre per posizionarsi con prepotenza ad un centimetro di distanza.
Come se non bastasse poi, la donnina è anche completamente negata. Va così fuori tempo che se si fa l’errore di guardarla allo specchio, si disimparano i pochi passi imparati fino a quel momento. E’ talmente scoordinata e rigida, che il rischio è quello di finire col prenderci una craniata contro. E’ dura come un bacco di scopa ed ha le braccia così inamidate che sembrano scolpite nella roccia, comprese le dita paralizzate in versione forbice.
La sua migliore performance avviene durante quella che definisco la colonna sonora della danza dell’accoppiamento. Quando infatti si dovrebbe tutti avanzare in modo sensuale, a ritmo cadenzato ma lento, con un accenno di movimento pelvico, lei inizia a saltellare sul posto forsennata e senza criterio, come se fosse il coniglietto Tippete alla vista del suo amico Bambi. Lo fa con uno sguardo serio e vitreo, che sembra possa avere un esaurimento nervoso da un momento all’altro.
E’ in questo frangente che la rabbia di averla vicino lascia il posto ad una incontenibile risata.
L’altro personaggio che puntualmente infastidisce le mie lezioni, posizionandosi alla mia sinistra è una Tina Turner in modalità cerimonia dei Grammy Awards.
Il difetto di questa ragazza è opposto a quello di Edward Mani di Forbice. Lei è sia sciolta che coordinata, pure troppo. E’ così concentrata a guardarsi allo specchio e a compiacersi delle sue movenze sensuali che dimentica di fare quello per cui la lezione di zumba si presterebbe di più’: muoversi!
Così mentre la coreografia imporrebbe di saltare da una parte all’altra, la Tina rimane piantata ed immobile ad accennare qualche movenza di bacino, con grandi ammicchi di labbra e sbatacchiare di ciglia.
Tra Edward Mani di Forbice con esaurimento nervoso e Tina Turner ci sono io, che con la grazia di Hulk e la forza della Cosa, dei Fantastici Quattro, a pugni chiusi e con urlo liberatorio mi sforzo di rimanere concentrata sui passi di salsa e di non tirarle giù come birilli.